La cultura struttura fondante della società – Presentazione

Lezione

[cols][col size=”2/3″][alert type=”info” display=”block”]

Corso Interdisciplinare di Studi su

 

“La cultura nell’odierna realtà umana”

 

13 ottobre 2012

 

“La cultura struttura fondante della società”

 

[popover position=”top” type=”none” url=”#staiqui” title=”Posizione:” body=”Docente di Sociologia dei processi culturali nell’Università di Parma”]Prof. Maria Grazia Ferrari[/popover]

 

Presentazione

[/alert][/col][col size=”1/3″][popover position=”top” url=”https://www.centrostudicremona.org/corso/interdisciplinare/la-cultura-nellodierna-realta-umana/” type=”danger” size=”large” title=”Corso 2012:
La cultura nell’odierna realtà umana” body=”Home del Corso | Elenco Lezioni”]Home del Corso[/popover]

[button type=”success” size=”large” url=”https://www.centrostudicremona.org/wp-content/uploads/20121013_Maria-Grazia-Ferrari_Presentazione.pdf” target=”_blank”][icon type=”icon-download” color=”black”] Download PDF Download PDF[/button]
[/col][/cols]
Da un punto di vista etimologico cultura deriva dal latino colere che significa coltivare. Ma cosa coltiva l’uomo? Come essere vivente sociale può coltivare le relazioni con l’altro e non è un caso che esista una disciplina che afferisce alle scienze umane che si occupa sia di cultura che di comunicazione, la sociologia dei processi culturali e comunicativi appunto.

L’uomo senza l’altro da sé non potrebbe sopravvivere ed è grazie all’apprendimento, reso possibile dalla comunicazione, che facciamo nostre le modalità di vita quotidiana, anche le più semplici. Ma cosa si scambiano tra di loro gli esseri viventi della specie umana quando interagiscono? Si scambiano contenuti culturali, tanto da poter dire che tutto è cultura. Per un semiologo quale Umberto Eco, ogni segno può diventare un simbolo culturale, come un’orma è il segno del passaggio di un uomo e il simbolo della sua presenza.

C’è chi distingue la cultura in alta e bassa per contraddistinguere la cultura elitaria, la prima, e quella popolare, la seconda. Una tale distinzione poteva al limite esistere quando la suddivisione in classi era particolarmente marcata e parliamo di condizioni sociali che dopo la rivoluzione francese del 1789, con il suo motto egalité, liberté, fraternité, hanno visto via via sfumare le differenze sociali più nette, con la crescita del terzo stato e di una classe media borghese che si è ampliata sempre di più, specialmente nel secolo scorso.

Dopo l’800, l’omogeneizzazione e l’omologazione della società hanno reso ancora più sfumate le differenze, tanto che il termine “cultura di massa” ha prevalso sui termini cultura alta o bassa. Con i mezzi tecnologici che hanno iniziato ad apparire a partire dalla fine del xix secolo, vi è stato un processo osmotico fra cultura alta e bassa e questo anche grazie alla stampa a grande diffusione come i quotidiani, grazie al cinema e poi alla radio, al telegrafo, al telefono, alla televisione, ai computer, ai cellulari, ad internet. La cultura di massa ha iniziato così ad essere oggetto di studio di sociologi che appartenevano a scuole talvolta politicamente orientate, come quella di Francoforte. Fra gli autori di questa scuola, ricordiamo Horkheimer, Marcuse, Adorno. Dell’epoca è il saggio Un uomo ad una dimensione, in cui si descrive l’attore sociale come un soggetto che riceve passivamente la cultura dominante, lasciandosi completamente influenzare dalla stessa. Secondo gli studiosi suddetti, è in forza di questa attitudine passiva alla ricezione dei messaggi che i proclami dei dittatori del primo ‘900, Hitler e Mussolini in primis, hanno avuto un grande potere di persuasione. Emblematici sono i discorsi del duce, diffusi attraverso la radio, in grado di fomentare le masse. Di fronte a risposte così passivamente reattive, in ambito degli studi massmediologici, vengono elaborate teorie come quella ipodermica. Questa ritiene che il messaggio sia decodificato e ricevuto esattamente così come è stato trasmesso. La competenza soggettiva di comprendere e interpretare è poco considerata, mentre l’attenzione è prevalentemente rivolta all’emittente e alla fase della codifica a cui segue una decodifica che non si discosta molto dal significato del messaggio inviato. Secondo questo approccio, gli uomini sarebbero dunque succubi della cultura dominante, in grado di orientarli.

Dalla metà del secolo scorso in poi, tuttavia, grazie anche a studi che hanno rilevato come le risposte comportamentali allo stesso messaggio possono essere molto diverse da individuo a individuo, si è iniziato a pensare che gli individui hanno capacità e competenze così specifiche da renderli liberi dal giogo della cultura dominante. L’effetto della spirale del silenzio descritto da Noelle Neumann, per cui le culture minoritarie vengono necessariamente assorbite ed annullate dalla cultura dominante, viene messo in dubbio da teorie come quella degli usi e gratificazioni, secondo cui gli individui sono perfettamente in grado di scegliere, all’interno del magma culturale, quegli stimoli e mezzi che più soddisfano un determinato bisogno soggettivo di un dato momento.

Alla luce delle considerazioni fatte fino a questo punto sul potere della cultura, si può dire che permane la divisione fra apocalittici e integrati di cui aveva parlato Eco negli anni ’60, cosicché l’uomo continua ad essere concepito come un essere in bilico fra l’influenza che la cultura può avere su di esso come struttura fondante della società e le risposte comportamentali attive di cui lo stesso è capace.

Luigi Masserini

Di admin

Direttore del Centro di Studi Aziendali e Amministrativi - Cremona